Throughout his years at the service of the Grand Duke of Weimar, characterized by the desire to find a safe haven in which to quench his constant desire to be in deep spiritual meditation, Liszt was able to deepen his awareness of his own musical and non-pianistic material. Thanks to the orchestra available at the court theatre, he was able to mature his own sansimonian concept of art as a remarkable spiritual force capable of uniting humanity towards the path of social and civic progress. In those years Liszt also conceived his symphonic music that he called “program music”. This was based on the idea that music can never be pure form, flat and expressionless, since it always needs an intense strong ideal that only poetry can provide. Equipping himself with a Dante program, Liszt was thus inspired for his Dante Symphony, composed at Weimar in 1856. However, it should not be understood as an homage to the poem, but as a lucid awareness of its modernity on the part of the composer: it is its fragmented and symbolic nature, that significantly excludes the last poem, as well as the ethical value that music should possess, what allows Liszt to select those poetic images that are fit to be infused with an expressive symphonic layer.

Negli anni trascorsi al servizio del Granduca di Weimar, caratterizzati dal desiderio di trovare un giaciglio sicuro per una profonda meditazione spirituale, Liszt ebbe modo di approfondire le proprie conoscenze sui materiali musicali non-pianistici, grazie alla compagine orchestrale messa a disposizione nel teatro di corte, e di maturare la propria concezione sansimonista dell’arte, intesa come straordinaria forza spirituale capace di unire l’umanità nel cammino del progresso sociale e civile. In questi anni si compie la concezione lisztiana della musica sinfonica “a programma”, per cui la musica non può mai essere pura forma, piatta ed inespressiva, ma necessita sempre di un contenuto ideale forte, che solo la poesia può conferirle; l’ausilio del programma dantesco, cui Liszt si ispirò per la sua Dante Symphony, composta a Weimar nel 1856, non va però inteso come omaggio al poema, bensì come lucida consapevolezza della sua modernità da parte del compositore: è la natura frammentaria e simbolica che viene còlta, escludendo significativamente l’ultima cantica, e in virtù del valore etico che la musica deve possedere, Liszt compie una selezione tra quelle immagini poetiche che egli ritiene più idonee ad essere rivestite del mezzo espressivo sinfonico.

Franz Liszt e la «Dante Symphony»: frammenti e simboli per una nuova musica «umanitaria» / Avallone, Alessandro. - In: DANTE E L’ARTE. - ISSN 2385-5355. - ELETTRONICO. - 2:2 (2015)(2015), pp. 127-142.

Franz Liszt e la «Dante Symphony»: frammenti e simboli per una nuova musica «umanitaria»

AVALLONE, ALESSANDRO
2015

Abstract

Throughout his years at the service of the Grand Duke of Weimar, characterized by the desire to find a safe haven in which to quench his constant desire to be in deep spiritual meditation, Liszt was able to deepen his awareness of his own musical and non-pianistic material. Thanks to the orchestra available at the court theatre, he was able to mature his own sansimonian concept of art as a remarkable spiritual force capable of uniting humanity towards the path of social and civic progress. In those years Liszt also conceived his symphonic music that he called “program music”. This was based on the idea that music can never be pure form, flat and expressionless, since it always needs an intense strong ideal that only poetry can provide. Equipping himself with a Dante program, Liszt was thus inspired for his Dante Symphony, composed at Weimar in 1856. However, it should not be understood as an homage to the poem, but as a lucid awareness of its modernity on the part of the composer: it is its fragmented and symbolic nature, that significantly excludes the last poem, as well as the ethical value that music should possess, what allows Liszt to select those poetic images that are fit to be infused with an expressive symphonic layer.
2015
Negli anni trascorsi al servizio del Granduca di Weimar, caratterizzati dal desiderio di trovare un giaciglio sicuro per una profonda meditazione spirituale, Liszt ebbe modo di approfondire le proprie conoscenze sui materiali musicali non-pianistici, grazie alla compagine orchestrale messa a disposizione nel teatro di corte, e di maturare la propria concezione sansimonista dell’arte, intesa come straordinaria forza spirituale capace di unire l’umanità nel cammino del progresso sociale e civile. In questi anni si compie la concezione lisztiana della musica sinfonica “a programma”, per cui la musica non può mai essere pura forma, piatta ed inespressiva, ma necessita sempre di un contenuto ideale forte, che solo la poesia può conferirle; l’ausilio del programma dantesco, cui Liszt si ispirò per la sua Dante Symphony, composta a Weimar nel 1856, non va però inteso come omaggio al poema, bensì come lucida consapevolezza della sua modernità da parte del compositore: è la natura frammentaria e simbolica che viene còlta, escludendo significativamente l’ultima cantica, e in virtù del valore etico che la musica deve possedere, Liszt compie una selezione tra quelle immagini poetiche che egli ritiene più idonee ad essere rivestite del mezzo espressivo sinfonico.
Liszt; musica a programma; sansimonismo; avvenirismo; poema sinfonico
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Franz Liszt e la «Dante Symphony»: frammenti e simboli per una nuova musica «umanitaria» / Avallone, Alessandro. - In: DANTE E L’ARTE. - ISSN 2385-5355. - ELETTRONICO. - 2:2 (2015)(2015), pp. 127-142.
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